mercoledì 9 dicembre 2015

Intervista ai Giona













A un paio di mesi dall’uscita dello straordinario esordio con “Per tutti i giovani tristi” intervistiamo i Giona per sentire come stanno. Il gentilissimo Alessio risponde alle nostre domande.

1.  Ciao Alessio, presenta ai lettori di 7pollici Giona, la sua nascita, la sua anima e la sua evoluzione.
E’ accaduto tutto con molta naturalezza, quasi per caso. Finito L’Amo non avevo più molta voglia di suonare, di stare in mezzo e m’ero davvero deciso a smettere a tal punto da chiudere tutte le chitarre nell’armadio. Poi, un giorno, mi è capitato di ritrovarmi con le chitarre in giro ed in una quarantina di minuti mi sono scappate dalle mani Squassanti e Pendere e sempre in virtù del proposito iniziale, deciso a non suonare, soprattutto a non voler suonare con nessuno, le registrai solo col microfonino del Mac. Continuai così per un mesetto circa ed avevo le dodici canzoni del disco che immaginavo di lasciar morire in qualche hard-disk esterno, alla stregua di quello che Salinger fece con i suoi scritti, ma è qui che subentra il fattore Luca Benni. Non ricordo bene, ma credo di avergli linkato il soundcloud con tutte queste demo e lui ha cominciato a dirmi che dovevo fare, registrare, portarlo avanti, che era un discone e che dovevo suonarle alla festa per i dieci anni di To Lose La Track a Napoli ed è qui scatta il fattore Michele Leo. Mentre ci fumavamo la prima sigaretta della serata, ascoltando gli esiti delle nuove registrazioni, dicendogli del fatto che Luca ci teneva che suonassi quelle canzoni, Michele disse che lui poteva suonare il basso e che potevamo chiedere a Daniele di suonare i fusti. E così fu. Facemmo quattro prove e suonammo alla festa di To Lose La Track, poi da lì non ci siamo fermati. Forse non ci siamo accorti che la festa è finita.
Menzione la merita anche Ivan Tonelli di Stop Records perché anche lui è stato un fattore bello grosso da quando venne a suonare a Napoli con i Cosmetic e dopo il check gli feci sentire le demo. Si gasò tantissimo e da quel giorno Ivan c’è sempre e gli vogliamo bene nonostante tifi per brutte squadre.

2. Chi sono “tutti i giovani tristi” da cui prende spunto il titolo del tuo disco? 
Il titolo è un debito che avevo con Fitzgerald e con quegli amori che s’attorcigliano su stessi, in cui ci credi, crescono e poi implodono, sperdendosi nell’hangover del giorno dopo. Diciamo che il disco è un invito a godersi il momento, tutto finisce e tutti ne siamo consapevoli ed è nella consapevolezza della fine che dovremmo trarre la gioia per viverci il momento, riconoscendolo, appunto, come momentaneo, effimero e soprattutto leggero.
Chiamarlo così è anche per ricordarmi d’essere più leggero con le cose e le persone, anche ora che giovane non lo sono più. Magari a maggior ragione ora che giovane non lo sono più e comunque il disco tratta di un amore felice. Felice e basta.

3. State girando parecchio, cosa ci dobbiamo aspettare dal vostro live?
Un mucchio di birrette in giro, un po’ di dischi della distro, caramelle per la gola sparse ovunque. Diciamo che il live è più “picchiato” del disco.

4. Il mio gruppo preferito in assoluto sono i Ramones, quindi la domanda nasce spontanea, come mai hai scelto di fare la cover della cover di “Do you wanna dance”?
I Ramones, ancora oggi, sono una delle mie ossessioni musicali, ma a livello che posso riascoltare anche cinque volte consegutive un loro disco. L’unica cosa che cambia è la momentanea fissazione per un disco specifico. Un mese è Rocket To Russia, l’altro Leave Home - questo è il momento di End of the Century. Trovo che solo la parola “geniale” li descriva compiutamente, ma così geniali che appena aggiungi qualcos’altro li stai già sminuendo. Geniale è la loro estetica, la loro poetica, i loro cazzo di testi.
Non sapevo fosse una cover, l’abbiamo scoperto quando è stato il momento di scrivere i credits del disco, però ecco, mi sono voluto regalare l’attimo di essere i Ramones. S’invecchia, ma si rimane dei fanatici invasati per tutta la vita.

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